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ANABOLIZZANTI: l'acquisto senza ricetta e al di fuori del circuito delle farmacie, può integrare

  • 15 apr 2016
  • Tempo di lettura: 1 min

Aggiornamento: 31 mag 2023



Con un’articolata e complessa sentenza, la Seconda sezione penale della Corte di Cassazione, ha ritenuto integrato il delitto di ricettazione (art.648 Codice penale) in un caso di acquisto di “anabolizzanti” per “migliorare l’aspetto muscolare corporeo” dell’acquirente-utilizzatore.

Dopo una disamina dei contrasti giurisprudenziali sul punto, la Suprema Corte (chiamata a valutare per saltum la legittimità dell’assoluzione in primo grado degli imputati), ha focalizzato la sua attenzione sul concetto di “profitto”.

Premesso che le sostanze “dopanti” o “steroidee” non sono in libera vendita ma soggiacciono alla necessaria presentazione di ricetta medica presso le farmacie ufficiali, rivolgersi al mercato clandestino (nella specie, vendita a monte attraverso siti Internet e successiva cessione al “collega” di palestra al quale è stata imputata la ricettazione) costituisce il presupposto del delitto di cui all’art. 648 C.p. in quanto violazione della legge 376/2000.

Il profitto va isolato nel più ampio concetto di “utilità” quale soddisfacimento di un bisogno (anche spirituale) attraverso un “qualcosa” che ha una valore economico (la sostanza acquistata) che di fatto incrementa il “patrimonio” inteso latamente come “vantaggio”.

Ed è questo il passaggio della motivazione che pone i maggiori interrogativi, anche attesi gli arresti giurisprudenziali di segno opposto, e rende meritevole di ulteriore dibattito la tematica complessiva.

Assolutamente inconferente poi, secondo i giudici della Cassazione, è da considerarsi lo “scopo” (il “movente”) meramente edonistico (miglioramento della proprio aspetto muscolate), talché lo stesso risulta al più indice per la dosimetria della pena ma non certo suscettibile di incidere sulla sussistenza del reato.

Avv. Francesco Antonio Maisano

Patrocinante in Cassazione

Studio Legale Maisano

Avvocati Penalisti in Bologna

Scarica la sentenza Cass. Sez. 2a nr. 15680/2016


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