La Corte d’Appello di Milano confermava la sentenza del Tribunale della medesima città con la quale l’imputato ero stato condannato per il reato di rapina e lesioni in danno della fidanzata, reo di averle strappato di mano il cellulare per controllarne gli sms.
L’imputato ricorreva per Cassazione lamentando l’illogicità della motivazione sulla circostanza che la sua azione fosse solo indirettamente orientata a danno della vittima e che pertanto avrebbero dovuto inquadrare la sua condotta nell’alveo della fattispecie di furto con strappo (art. 624 bis c.p.).
Lamentava altresì di non potersi ritenere integrato a suo carico l’elemento oggettivo del “profitto” che caratterizza il delitto di rapina sostenendo che la sottrazione del telefono ai danni della vittima era volta ad accertare la presenza di “messaggi compromettenti” in esso contenuti.
Entrambi i motivi di ricorso venivano rigettati.
Proprio sotto quest’ultimo profilo la Corte di Cassazione, aderendo ad un principio espresso in diverse precedenti pronunce, riteneva perfettamente integrato il requisito oggettivo del profitto ingiusto tipico del reato di rapina .
I Giudici della suprema Corte, dopo aver ricordato la natura plurioffensiva del delitto in esame - posto a tutela sia dell’inviolabilità del patrimonio che libertà della persona -, sottolineavano come la finalità di perquisire il telefono della ex fidanzata per controllarne le conversazioni rappresenti un “profitto”, in quanto “utilità morale” e assuma i caratteri dell’ingiustizia manifesta proprio perché idoneo a comprimere la libertà di autodeterminazione della persona.
Dott.ssa Oriana Genovese
Studio Legale Maisano
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Scarica la sentenza Cass. sez. II nr. 24297 dep. 10 giugno 2016